La Cassa di risparmio allo studio del mercato in Serbia per le imprese padovane

 

Prosegue con il focus sulla Serbia il ciclo di incontri sull’internazionalizzazione promosso da Cassa di Risparmio del Veneto con Intesa Sanpaolo. L’incontro di oggi – tenutosi a Padova presso la Sede Centrale di Via Trieste 59 al piano dedicato al “Mondo delle imprese” – è stato introdotto da Giovanni Costa, presidente della Cassa di Risparmio del Veneto a cui sono seguiti diversi interventi: Gianluca Salsecci del Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo ha trattato il tema “Serbia: struttura dell’economia e potenzialità di crescita”; Roberto Gallo del Servizio Internazionalizzazione Imprese (SII) di Intesa Sanpaolo ha trattato il tema “Serbia: una piattaforma produttiva per le imprese venete”; Marco Capellini, deputy presidente di Banca Intesa Beograd in videoconferenza ha risposto alle domande degli imprenditori fornendo risposte concrete circa le possibilità di insediamento e di crescita in Serbia e Germano Lucchi del Gruppo Amadori ha portato la propria esperienza di azienda italiana di successo in Serbia.

“Le attività in Serbia possono sicuramente trarre vantaggio da un sistema di tassazione favorevole, dalla presenza di zone franche con speciali agevolazioni e da specifici accordi doganali. – ha sottolineato in apertura Giovanni Costa, presidente Cassa di Risparmio del Veneto. -. Ma il vero vantaggio competitivo per le nostre imprese non proviene da una delocalizzazione spinta solo da differenze di costo bensì da una strategia che concepisce la presenza in quest’area come una base da cui partire per conquistare gli altri mercati dell’Est Europa”.

L’economia serba è cresciuta negli ultimi dieci anni (2003-2012) ad un tasso medio del 3% (oltre il 5% nel quinquennio 2003-2007 nella fase alta del ciclo internazionale), in linea con la media dei Paesi CEE/SEE e di 2 punti circa al di sopra della media dell’Area Euro. Lo sviluppo dell’economia è stato alimentato sino allo scoppio della crisi finanziaria da una dinamica vivace soprattutto delle componenti interne della domanda (consumi e investimenti) finanziata in parte da consistenti afflussi di capitale esteri (in particolare investimenti diretti). Con lo scoppio della crisi finanziaria il modello di crescita si è in parte corretto, con ribilanciamento verso le componenti esterne della domanda (esportazioni nette) e più alta copertura finanziaria interna.

Il Paese risente al momento di una congiuntura internazionale particolarmente sfavorevole, con caduta accentuata della produzione e delle esportazioni in alcuni settori di specializzazione (minerali e metalli) ad essa particolarmente esposti, ed è atteso in recessione nel 2012. In prospettiva, con la ripresa internazionale, l’economia dovrebbe tornare ad esprimere un buon potenziale di crescita, stimato al 3% nel lungo periodo (superiore di 2 pp circa ancora rispetto all’Area Euro). Si tratta di una stima prudenziale. Il potenziale potrebbe beneficiare di una accelerazione del cammino di convergenza economica ed istituzionale della Serbia verso la UE e della intensificazione degli sforzi per politiche strutturali in grado di favorire la competitività industriale e innalzare l’attrattività del Paese verso gli investimenti in settori orientati alle esportazioni. Nel 2011 la Serbia è stato il primo Paese dell’Area Balcanica per flussi di IDE (Investimento Diretto all’Estero per 2,7 miliardi di dollari entrati).

La Serbia offre in questo contesto buone opportunità di affari (commercio e investimenti) alle imprese italiane, e del Nord-Est in particolare, nei settori nei quali queste mostrano vantaggi comparati come Macchinari e Mezzi di Trasporto e Prodotti del Made in Italy, attraverso la vendita o la produzione in loco, entrambe non solo in direzione del mercato interno ma anche estero.

L’interscambio commerciale tra Italia e Serbia è stato di oltre 2 miliardi di euro nel 2011 (+15% sul 2010) di cui circa 1,2 miliardi di esportazioni (250 milioni del Triveneto) con un saldo pertanto di circa 0,3 miliardi favorevole all’Italia (40 milioni circa il saldo del Triveneto). Nel primo semestre del 2012 il commercio bilaterale ha risentito della crisi internazionale ma anche della crisi interna italiana. Le importazioni dell’Italia sono scese infatti del 25% (del 32% per il Triveneto) con una caduta nello specifico soprattutto dell’import di metalli (oltre il 50%) mentre le esportazioni sono aumentate del 18% (6% per il Triveneto) grazie all’aumento dell’export di macchinari (pure oltre il 50%).

L’Italia importa dalla Serbia prodotti della metallurgia (per circa il 1/3) ed esporta in Serbia macchinari meccanici e mezzi di trasporto (per circa 1/3). Un altro terzo di import e di export è costituito dai prodotti delle filiere della moda e dell’agro-alimentare, con transiti alimentati da investimenti di aziende italiane nel Paese. Le aziende italiane sono riconosciute come tra i principali investitori nel Paese. Si stima siano presenti in Serbia per oltre 500 unità con un giro di affari di circa 2,4 miliardi di euro e oltre 20.000 addetti, operanti in diversi settori, dai mezzi di trasporto (Fiat e Magneti Marelli) agli alimentari (Amadori), dalla moda (Benetton, Calzedonia, Pompea, Golden Lady) al bancario e assicurativo (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Generali, Fondiaria) alle infrastrutture (Italferr). Agli interventi è seguita una tavola rotonda dal titolo “Serbia: la nuova frontiera del manifatturiero per conquistare l’Est Europa” moderata da Massimo Tussardi, direttore generale Cassa di Risparmio del Veneto, a cui hanno partecipato: Germano Lucchi del Gruppo Amadori, Daniele Bordina del SII e Paolo Perin di Finest.