La direttiva servizi preoccupa Erminio Alajmo dell’Appe

 

«Siamo a un passo dal caos più totale». Non usa certo le mezze misure Erminio Alajmo (in foto), Presidente dell’APPE (Associazione Provinciale Pubblici Esercizi) di Padova e della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) del Veneto, associazione che raggruppa oltre 20.000 tra bar, ristoranti, pizzerie, trattorie, locali serali e altri pubblici esercizi nella Regione, con oltre 100.000 addetti e un giro d’affari annuo di oltre 3 miliardi di euro.
Ma qual’è il problema che tanto spaventa i gestori dei locali?
«Il 9 maggio – risponde Alajmo – è entrato in vigore il Decreto legislativo 59/2010, che recepisce la Direttiva comunitaria 123/2006, detta anche “Direttiva Servizi”. La Direttiva ha l’intento, apprezzabile, di favorire lo scambio di merci e servizi nel mercato europeo, adeguando le normative degli stati appartenenti alla Comunità Europea, ma nel settore dei pubblici esercizi crea dei pericolosi dubbi normativi».
A cosa si riferisce in particolare?
«Mi riferisco al fatto – prosegue Alajmo – che il settore dei pubblici esercizi è regolamentato, nella nostra Regione, dall’apposita legge regionale 29/2007, che prevede una programmazione, da parte dei Comuni, del rilascio delle nuove “licenze”, sulla base di criteri di sostenibilità ambientale e sociale, per evitare i problemi che l’insediamento di nuove attività può causare, in termini di ordine pubblico, sicurezza, assembramenti, alcolismo, traffico e rumore, tanto per citarne alcuni. Ora, con l’entrata in vigore del Decreto legislativo, alcuni Comuni fanno delle “fughe in avanti” ritenendo che questa programmazione sia venuta meno e che il settore sia da considerarsi “liberalizzato”».
Quindi ci sono dei contrasti tra norme diverse?
«Per la verità – afferma sempre Alajmo – anche la Direttiva Servizi prevede che l’attività di pubblico esercizio rimanga soggetta ad autorizzazione e quindi che i Comuni debbano programmare il rilascio delle nuove licenze sulla base della sostenibilità. Il problema nasce perché alcune amministrazioni comunali interpretano a modo loro la normativa, confondendola con le liberalizzazioni del cosiddetto “Decreto Bersani”, che però riguarda solo il commercio, e non la somministrazione di alimenti e bevande, che ha una normativa specifica».
Perciò quali sono i rischi per il settore dei pubblici esercizi e per i cittadini?
«Per i pubblici esercizi, la possibilità di una concorrenza non solo sleale, ma addirittura illegale, data da nuove attività autorizzate dai Comuni sulla base di interpretazioni personalistiche delle norme. Per i cittadini, i disagi che possono nascere da aperture indiscriminate di nuovi bar, locali serali, pub e discoteche. Sappiamo per certo che un importante Comune della cintura urbana di Padova sta autorizzando l’apertura di almeno 5 nuovi locali, alcuni in zone già ai limiti della sostenibilità. Mi chiedo: cosa succederà quando questi locali saranno aperti? Chi controllerà il traffico, gli assembramenti, i rumori e schiamazzi, anche notturni, che potrebbero scaturire?».
L’Associazione degli esercenti quindi prende le distanze dalla Direttiva Comunitaria?
«Assolutamente no – conclude Alajmo – anzi, riteniamo che, se correttamente applicata, si integri quasi perfettamente con la legge regionale. Tra l’altro, anche la Regione dovrà recepire – e speriamo lo faccia con urgenza – così come ha fatto lo Stato Italiano, la Direttiva comunitaria: abbiamo già chiesto che, nel recepimento, si tenga conto di quanto di buono è stato fatto in questi ultimi anni e che, nel frattempo, sia prevista una “moratoria” che sospenda provvisoriamente gli effetti negativi della Direttiva, quando viene male interpretata».
APPE e FIPE Veneto hanno già chiesto un  incontro al Presidente regionale Luca Zaia e all’assessore all’economia e sviluppo Marialuisa Coppola per esporre le ragioni della categoria che vanno nella direzione di tutelare il duplice interesse dei cittadini e degli operatori.