Le ragioni spariscono di fronte allo squadrismo da operetta e l’accattonaggio (molesto) di visibilità

 

Provo pena per Massimo Bitonci e la sua fedelissima claque. Davvero. Non deve essere facile alzarsi ogni mattina e pensare “ed adesso come faccio a non farmi dimenticare dai padovani che mi hanno bocciato?”. E nasce probabilmente da questa domanda la risposta, patetica più che pericolosa, che è arrivata oggi dagli scherani dell’ex sindaco di Padova, che è riuscito a suicidare la sua maggioranza a tempo di record, appena 29 mesi dopo essere stato eletto nel 2014. Bitonci ed i suoi hanno fatto irruzione oggi nella sala intitolata a Livio Paladin con vuvuzelas e uno striscone per cercare di rubare la scena a Giordani e i suoi che stavano spiegando le loro idee sul nuovo ospedale.
Una cagnara indegna di una sala, ironia della sorte, intitolata ad uno dei padri del diritto italiano, un gentiluomo che certo avrebbe provato vergogna a vedere una scena del genere.

Sì è trattato di uno sgarbo che qualifica anche solo con il metodo il vuoto in cui annaspano Bitonci e i suoi seguaci: ormai l’ex sindaco si comporta come una persona in crisi d’astinenza del potere che evidentemente gli manca tantissimo. Chiede, Bitonci, la convocazione del Consiglio comunale, quella stessa istituzione oltraggiata da lui e dai suoi fedelissimi con urla, caciare e insulti che hanno macchiato profondamente la storia politica recente.
Alla fine di un confronto farsesco, con Bitonci che più che parlare urlava, il sindaco Giordani ha accordato al suo avversario la promessa di porre al primo punto dell’ordine del giorno la discussione della mozione dell’ospedale in occasione del prossimo consiglio comunale del 16 ottobre.
Sperando che il prossimo consiglio comunale non finisca come i precedenti, finiti o con l’opposizione (Simone Borile del M5S a parte) che abbandona l’aula, oppure con il tifo scatenato dentro e fuori l’aula di ultras che non hanno capito che la partita per cui si stanno sgolando, è già finita lo scorso mese di giugno. Siamo insomma allo squadrismo da operetta, o nella migliore delle ipotesi all’accattonaggio (molesto) di visibilità mediatica. Insomma, tutto il contrario di un pacifico e civile confronto di idee. E dio solo sa quanto di ciò avrebbe bisogno una Padova che certo non può trovare una via di rilancio tra una amministrazione timida e spesso contraddittoria al prorpio interno e una opposizione capeggiata in maniera padronale da un ex sindace ed ex senatore che ad essere ex proprio non riesce a farci l’abitudine.

Alberto Gottardo