Nomen est omen, dicevano i latini: il nome è un presagio. E chissà se lo avevano notato anche i gestori pakistani che da un paio d’anni gestivano una stamperia in via Stampa: in posizione strategica vista la vicinanza di Scienze politiche e tre istituti superiori. Gli affari andavano bene alla stamperia di via Stampa. Anche perchè bastava entrare, ordinare, che ne so, il libro di diritto privato e con due click il libro veniva sputato fuori dalla stampante laser uguale all’originale, se non fosse stato per il piccolo particolare dei diritti siae e dei diritti di autore ed editore. La Guardia di finanza di Padova l’altro giorno ha interrotto il fiorente traffico, sequestrando il negozio.
Qui di seguito il comunicato…stampa diffuso dal comando provinciale della Gdf:
La Guardia di Finanza di Padova, unitamente a funzionari della SIAE della città patavina e di Venezia, hanno effettuato nei giorni scorsi una serie di controlli volti a fronteggiare il fenomeno della pirateria libraria, accedendo presso numerosi esercizi di fotocopiatura cittadini.
In uno di questi, in pieno centro storico, molto frequentato malgrado i suoi circa 3 metri quadri, in cui sono stipati ben 4 apparecchi focopiatori, già oggetto di particolari segnalazioni e già denunciato in passato per il medesimo reato, sono state sequestrate diverse opere interamente fotocopiate, un hard disk del computer in uso, 10 chiavette USB contenenti numerosi file in formato pdf di più che sospette opere a stampa. Insomma una vera e propria fabbrica del libro falso.
Al sequestro è seguita la denuncia all’Autorità Giudiziaria, alla quale il titolare del centro di fotocopie dovrà ora rispondere delle ipotesi di reato previste dalla legge di tutela del diritto d’autore; ipotesi di reato punibili con rilevanti sanzioni penali e amministrative, che possono portare anche la chiusura temporanea dell’esercizio.
In merito, è bene sottolineare che fotocopiare significa commettere un reato e causare danni a chi lavora nella filiera della produzione della cultura
In una città come Padova, sede di uno fra i più antichi e prestigiosi Atenei del nostro Paese, si contano numerose librerie universitarie, particolarmente dedicate a fornire i libri di testo adottati dai vari corsi di studi ed insegnamenti. Insieme a queste altrettanto numerosi sono quegli esercizi che prestano i loro servizi alla medesima clientela, di rilegatura di tesi di laurea, di fascicolazione, di elaborazioni grafiche e di fotocopiatura. In un ipotetico circolo virtuoso le due realtà: la libreria universitaria e il cosiddetto centro di fotocopie, sarebbero come si dice sinergiche, l’una servirebbe all’altra.
La stessa legge di tutela del diritto d’autore consente la riproduzione per uso personale a mezzo fotocopiatura o procedimento analogo del 15% dell’opera a stampa, con il pagamento di un compenso da destinare agli aventi diritto, nella misura e con le modalità fissate dagli accordi fra le associazioni di categoria di entrambe le parti in causa: autori ed editori da una parte ed esercenti dei centri di fotocopie dall’altra. Ma così non è. Anche in questo caso siamo spesso di fronte all’ennesimo circolo vizioso: le fotocopie sostituiscono il libro, le copisterie vendono e le librerie chiudono; gli editori per fronteggiare la concorrenza sleale/illegale delle fotocopie stampano in tirature risicate, fanno ricorso alle cosiddette riedizioni, i prezzi restano sostenuti.
Ecco allora che diventa fondamentale capire che appropriarsi di un bene immateriale altrui come l’opera musicale, l’opera cinematografica o, come nel nostro caso, l’opera letteraria, segnatamente di natura scientifica, finisce per danneggiare non solo l’economia nel suo complesso, ma anche i singoli consumatori.