“E’ una persona per bene”. Poche frasi di circostanza pronunciate di mala voglia dai vicini di casa di Franco Caccaro, 49 anni, considerato dalla Dia di Padova e Napoli prestanome di Cipriano Chinese, pericoloso boss del clan dei casalesi. A Santa Giustina in Colle, paese dell’alta padovana dove l’imprenditore padovano vive con la famiglia la villetta di Caccaro è chiusa. Sigillato il capannone della Tpa, azienda diventata in pochi anni leader nel settore delle macchine per triturare i rifiuti con sedi a Manhattan, New York a due passi da Wall Street, la strada della finanza oltre che in Brasile, Australia e Turchia.
Il capannone, vigilato dai carabinieri, ha un valore commerciale di almeno due milioni di euro.
La Tpa – Tecnologia per l’ambiente Srl tra il 2005 e il 2006 è “decollata improvvisamente” dicono gli investigatori, con l’ingresso di ingenti capitali tra cui 3 milioni di euro in due assegni della Resit, la società che gestiva discariche in Campania di cui era titolare Cipriano Chianese, l’avvocato-imprenditore del clan dei Casalesi.
Caccaro ha sempre giustificato con crediti personali vantati nei confronti dell’imprenditore casertano questa somma, ma non ha mai potuto fornire la documentazione del presunto prestito; non solo, ma proprio con importi equivalenti a quelli forniti con assegni della Resit è riuscito ad aumentare il capitale delle sue società e a estromettere vecchi soci. Inoltre fu proprio Caccaro, attraverso le sue società, a fare un’offerta all’amministratore giudiziario dei beni sotto sequestri di Chianese, poi confiscati, per l’acquisto di 2 Ferrari -una 360 Spider e una Enzo Ferrari- probabilmente per restituirla proprio a Cipriano Chianese.
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