La lenta agonia dei servizi sociali del comune di Padova è iniziata con l’ Amministrazione Bitonci. Non che prima fosse tutto rose e fiori, come si suol dire; del resto in quale realtà le politiche di welfare non si scontrano con criticità legate soprattutto alle limitate risorse a disposizione?
Ci sono numerose testimonianze dell’agonia.
Da via del Carmine si levano appelli per segnalare le pesanti difficoltà di organico soprattutto tra gli assistenti sociali. Ormai il disagio è diventato un coro: in ottobre dell’anno scorso decine di dipendenti – evidentemente esasperati – hanno scritto una lettera all’Amministrazione per denunciare che sono in pochi a far fronte ai crescenti carichi di lavoro. Soffre sia l’organico degli assistenti sociali sia quello degli impiegati. Altro segnale preoccupante: sempre con la passata Amministrazione circa il 20% dei dipendenti del sociale ha chiesto il trasferimento ad altro settore.
Di fronte al si salvi chi può c’è chi ha addirittura ipotizzato la fusione di uffici periferici dei servizi sociali: quello di via Salerno e quello di via del Carmine avrebbero dovuto essere accorpati in un’unica sede in zona stazione, con buona pace dei residenti nel quartiere 5 (che si estende fino alla Mandria) che – se così fosse – dovranno sobbarcarsi molti km per incontrare l’assistente sociale.
Ogni torta ha la sua ciliegina. E la ciliegina si chiama Arcella, periferia cittadina, quartiere complesso e multietnico di Padova. Area di note criticità e di forte domanda di aiuto. Quartiere che ha quasi 60.000 residenti con la percentuale più alta di immigrati in Città, circa il 25 %.
Ebbene l’ufficio dei servizi sociali di via Curzola è ormai ridotto a un fantasma di se stesso: mancano un terzo degli assistenti sociali e quelli in attività sono precari. Così che sono ridotte al minimo la memoria storica degli utenti e la conoscenza delle loro problematiche. Inoltre con l’organico ridotto si allungano i tempi di attesa per ricevere gli utenti e quelli per predisporre i progetti di cura e di assistenza, le visite domiciliari vanno a rilento, si controlla con difficoltà l’andamento dei servizi.
Insomma ci vogliono gli assistenti sociali per spendere bene i soldi assegnati al welfare.
Serve una conferma? I giornali locali hanno dato conto dell’andamento della spesa per i servizi domiciliari agli anziani sostenuta negli ultimi mesi dell’Amministrazione Rossi con quella sostenuta, per pari periodo, dall’Amministrazione Bitonci. I numeri sono impietosi. Si sono perse centinaia di ore per servizi a domicilio (cura della casa, igiene dell’anziano, socializzazione) e sono stati veicolati centinaia di pasti in meno. Conclusione: se il personale è poco non si danno risposte alla domanda di aiuto, che peraltro non diminuisce.
E pensare che i servizi domiciliari – eccellenza del welfare cittadino – erano stati progettati per favorire il mantenimento dell’anziano presso il proprio domicilio, che è il luogo degli affetti e dei ricordi. L’obiettivo era di ritardare l’inserimento in casa di riposo, che tra l’altro ha un costo complessivo maggiore rispetto al sostegno a domicilio.
Dopo questa premessa un appello: è urgente procedere ad assunzioni di ruolo nei servizi sociali; certo, nei limiti del possibile. Ma si deve procedere.
E’ sempre bene ricordare che quando si mettono soldi per il sociale non si spende ma si investe, anche in termini di sicurezza.
Padova 2 febbraio 2017
Lorenzo Panizzolo
già capo settore servizi sociali
comune di Padova