Un raggiro colossale, che rischia di aver drenato dalle tasche dei risparmiatori italiani almeno un paio di miliardi di euro. E’ l’ultima frontiera del “bidone”, generatosi tra i clienti di quattro primari istituti bancari, di cui si stanno occupando i legali di Federcontribuenti.
“Le nostre stime di portano a ipotizzare che in Italia siano stati raggirati almeno 400mila risparmiatori – spiega l’avvocato Marco Zanetti, direttore generale di Federcontribuenti Nord Est – basandoci su quanto scritto dall’autorità antitrust, il valore dell’acquistato è di almeno due miliardi di euro, come somme versate dai clienti delle banche per acquistare questi diamanti. Il fenomeno non è ancora scoppiato. In base allo studio fatto dall’Autorità garante della concorrenza del mercato, le banche ha venduto di meno ha piazzato sul mercato 600 milioni di euro, c’è chi ha piazzato fino a un miliardo di euro di prodotto. Sostanzialmente questa tipologia di vendita è l’evoluzione dei prodotti che negli anni ’80 piazzavano encicolopedie, pentolame, multiproprietà alla metà degli anni ’90. Siamo arrivati a questi prodotti, dal valore quasi irrisorio, ma gonfiati 4 o 5 volte il valore effettivo. Con l’importante differenza che questi diamanti venivano venduti in banca”.
Quattro gli istituti bancari sanzionati dall’Autorità garante della concorrenza del mercato: Intesa San Paolo, MPS, Unicredit e Banca popolare di Milano.
“Chi ha avuto a che fare con questa vicenda non abbia paura o vergogna, si faccia vivo – spiega l’avvocato Marco Zanetti – l’Autorità garante per la concorrenza del mercato con due diversi provvedimenti sanzionatori il 20 settembre 2017 ha condannato le banche coinvolte a una sanzione da diversi milioni di euro”.
Due le società leader nel settore sanzionate assieme alle banche: la Diamond private investment e la Intermarket diamond business con sede a Milano.
“Il garante ha sanzionato il comportamento delle banche – spiega l’avvocato Vittorio Panin – che si sono difese dicendo che erano meri tramiti tra venditore e compratore. Veniva fornita una quotazione, fino al dicembre 2016, gennaio 2017, che garantiva i diamanti come bene rifugio. In realtà è la stessa Autorità che sancisce, al punto 61 del provvedimento 10677, il prezzo della vendita è riferibile solo in parte minoritaria al valore della pietra”. Il 65% della quotazione veniva “mangiata” da altri costi, come le provvigioni della banca e i costi della rete commerciale”. A provare a vendere questi diamanti, spiegano i due legali, non si ha nessun riscontro da parte delle banche che hanno venduto i diamanti.