Trionfo o tonfo? E’ tra questi due estremi che oscilla il pendolo del Maap, mercato agroalimentare padovano, che potrebbe diventare Maamazon secondo una recente intervista rilasciata dal neo presidente Domenico Minasola al Mattino di Padova. In un documentato articolo Claudio Malfitano dà conto dell’entusiasmo e dei toni trionfali del presidente Minasola. Un trionfo insomma.
«Sono venuti da noi perché hanno visto le potenzialità di questo mercato, in termini di strutture ma anche di aziende presenti», spiega il presidente Domenico Minasola. «Noi abbiamo il dovere di provarci: saremmo il primo “e-mercato” d’Europa. Certo dei pionieri, ma chissà che un giorno questa esperienza non diventi una case history, un esempio da studiare” scrive Malfitano (clicca qui per leggere l’intero articolo)
La risposta degli azionisti privati del Maap è tutt’altro che entusiasta.
Il nostro lavoro? Si pesa a quintali e non a chili”.
Luca Brusadelli è il rappresentante dei grossisti Ascom che operano all’interno del Maap (48,4% del capitale della società).
“Con Amazon ci sono stati contatti – precisa Brusadelli – ma non vi sono accordi di alcun tipo nè, soprattutto, nessuna preclusione nè ad altre piattaforme dell’on-line nè nei confronti dei nostri clienti abituali con i quali, anzi, continuiamo a confrontarci per fornire sempre un servizio migliore e al passo coi tempi. Di sicuro non sono all’ordine del giorno investimenti per fare da partner alla multinazionale di Bezos. Se qualcuno desidera orientarsi all’on-line, chiunque esso sia, noi staremo al passo coi tempi”.
Fin qui la dichiarazione del rappresentante dei grossisti del Maap. Che però il fenomeno dell’on-line sia in qualche modo il mercato di riferimento per il futuro appare sempre più nella logica delle cose.
“Però un conto è che l’on-line migliori la vita – commenta il presidente dell’Ascom, Patrizio Bertin – un conto è che la snaturi completamente”.
“Io – continua – non sono tra quelli che di fronte alla parola “innovazione” vengono folgorati come Paolo di Tarso sulla via di Damasco. Cerco di capire se è una cosa buona o se, come per tutte le cose del mondo, va resa utile alla vita degli umani”.
“Cosa può significare – continua Bertin – se Amazon o Alibaba consegnano tutto loro? Che ne sarà delle nostre piazze, delle nostre città, della nostra gente? Purtroppo la presenza “sociale” dei negozi nei centri urbani non è un’invenzione dei commercianti per rimanere sul mercato ma un dato di fatto e quando questa presenza comincia a rarefarsi, ecco che la vita sociale comincia a regredire e, per contro, cominciano a farsi strada degrado e criminalità”.
Ma per Bertin c’è anche di più.
“Servirsi dell’on-line per i consumatori è comodo, ma è troppo comodo, per la politica, non affrontare la questione della sua regolazione. I prezzi di Amazon sono bassi perchè Amazon le tasse le paga in misura infinitesimale nel nostro Paese rispetto a quelle che paga un qualsiasi lavoratore o una qualsiasi impresa. Una volta che Amazon sarà diventato monopolista, dove andrà lo Stato a reperire le risorse che sempre di più serviranno per fornire servizi ad una società come la nostra in rapido (e sembra irreversibile) invecchiamento? Io credo che nessuno di noi, in ultima analisi, voglia rassegnarsi ad una Padova senza più le bancarelle in piazza o le luci delle vetrine nelle via del centro e più ancora dei quartieri e dove migliaia di famiglie, ormai senza più motivazioni per uscire, aspetteranno la consegna giornaliera da parte di tanti ragazzi sfruttati, privati di qualsiasi prospettiva perchè il lavoro sarà solo o nei magazzini di Amazon o per le consegne di Amazon. No, a questo non possiamo rassegnarci!”
Dunque servono regole.
“Sinceramente – chiude Bertin – la mia preoccupazione travalica lo stretto ambito economico per affrontare quello più ampio della democrazia. Che garanzie potremmo mai avere di fronte a soggetti monopolisti che condizioneranno le nostre scelte? E mi sia permesso: personalmente non sono affatto convinto che per il settore primario sia un vantaggio eliminare gli intermediari”.
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