Centocinquantamila famiglie coinvolte, con un danno per supera il miliardo di euro.
Sono le dimensioni dell’enorme colpo di coda che sta subendo il mondo dei multiproprietari, 150mila appunto, che nel decennio tra metà anni ’90 e inizio anni 2000 hanno sottoscritto contratti di proprietà compartita, con diritti quasi sempre virtuali, ma spese di gestione dolorosamente reali.
“Si tratta di un pubblico molto vasto e variegato – spiega Marco Paccagnella, presidente di Federcontribuenti, associazione che negli anni ha aiutato oltre 70mila proprietari a sbarazzarsi dell’aggravio di proprietà condivise spesso foriere solo di guai – si va dai professionisti facoltosi che hanno sottoscritto la proprietà di un residence per due settimane all’anno dopo esserci stati in vacanza a famiglie monoreddito abbagliate dal party in albergo che mai poi sono riuscite a trasformare il sogno della vacanza in realtà. Anzi troppo spesso quest’ultima categoria di persone si è indebitata inseguendo un sogno che anzichè portarli in luoghi paradisiaci li ha sprofondati in un vortice di debiti e ingiunzioni di pagamento”. A differenza dell’incauto acquisto di una enciclopedia molto costosa o di un computer ben poco multimediale, famigerati “pacchi” da festa in hotel degli anni ’80, le multiproprietà, evolutesi poi nei raffinati time share e tiempos compartidos spagnoli, sono delle truffe a lento e progressivo rilascio.
“Molti dei multiproprietari, capito che non potranno mai usufruire del diritto di godimento del bene – aggiunge Paccagnella – non hanno pagato negli ultimi anni le spese di gestione dell’appartamento nel residence visto solo in foto al momento della sottoscrizione del contratto. Il problema è che i ratei scaduti non si prescrivono nei dieci anni canonici, anzi perseguitano il multiproprietario anche dopo morto: sono crediti esigibili anche per eredità dal titolare del diritto stesso”. Una bomba innescata che a livello nazionale supera di gran lunga il milione di euro, secondo le stime di Federcontribuenti. Sono almeno 80mila le persone che, ora si trovano, dopo anni di solleciti da parte delle società di gestione mai risolti, sotto la spada di Damocle del recupero coatto, naturalmente con tutte le spese di procedura del caso. “Si tratta spesso di società di diritto spagnolo e britannico – spiega l’avvocato Marco Zanetti, esperto nel campo del diritto immobiliare – ma come spesso avviene, c’è chi si è messo ulteriormente nei guai: è il caso di chi ha ceduto il proprio diritto a società che gli promettevano una permuta con un’altra diavoleria simile, ma poi, di fatto non portava in estinzione quella “ritirata”, perciò il multiproprietario si trova con un forte debito pregresso del primo diritto d’uso acquistato, con spese di mora e insoluti per mancati pagamenti e in più si trova sul groppone le spese del nuovo acquisto in permuta onerosa, pochè naturalmente la permuta non è mai alla pari, ma comporta per chi la sottoscrive notevoli esborsi di migliaia di euro”.
C’è una via d’uscita da questo tunnel per i multiproprietari?
“Occorre valutare caso per caso – spiega Zanetti – ma grazie alla giurisprudenza a noi favorevole, chi ha acquistato questi pseudo diritti d’uso pagandoli tramite un finanziamento con credito al consumo, può recuperare le somme pagate fino ad ora o tutto se già liquidato, per nullità contrattuale, in questa situazione si trovano ancora oltre 80 mila consumatori incauti che negli anni si sono fatti abbagliare dal miraggio della vacanza per la vita”.
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