“Serve un intervento del Governo e del Parlamento, magari in sede di approvazione della legge di stabilità”.
Patrizio Bertin, presidente dell’Ascom, ne è convinto: la ripresa del commercio passa anche attraverso il recupero all’attività dei negozi sfitti.
“Solo che – osserva il presidente – il recupero di un negozio sfitto ha bisogno di due cose: la presa di coscienza da parte dei proprietari degli immobili che certe cifre degli anni del boom non sono più replicabili e una robusta detassazione a beneficio di chi, riattivando un negozio sfitto, rende anche un servizio alla comunità che, nelle vetrine spente, vede l’avanzamento del degrado”.
Qualcosa di più (e soprattutto di più strutturato) rispetto alle pur lodevoli iniziative di tanti comuni, anche del padovano, che hanno “manovrato” su Tasi e Tari.
“La detassazione per chi riattiva un negozio sfitto (sia nei confronti del locatore che del locatario o comunque in alternativa l’uno all’altro) si tradurrebbe in un servizio alla comunità – insiste Bertin – ma il problema è che, attualmente, non trova riscontro nelle norme che se prevedono interventi comunali a livello di detassazione per le abitazioni, non ne prevedono per i negozi”.
Così, nel corso di quest’ultimo paio d’anni, molte ed in molte parti d’Italia sono state le iniziative per cercare, se non altro, di by-passare la norma escogitando “provvidenze” che, se non altro, hanno tutte il pregio della fantasia.
Così, ad esempio, a Treviso un bando per le start-up commerciali (in qualche modo adottato anche da Piove di Sacco dove i finanziamenti regionali hanno dato il via agli interventi previsti dai distretti del commercio) ammette contributi a fondo perduto per opere di ristrutturazione e acquisti vari necessari all’avvio di una nuova attività in un locale che risulti sfitto da almeno tre mesi.
“Iniziative interessanti – continua il presidente dell’Ascom – come interessanti sono le esperienze condotte a Brescia piuttosto che a Mantova ed anzi, per quanto riguarda Piove di Sacco, che godono del nostro diretto intervento, ma limitate ad un territorio e dunque non fruibili da tutti quando invece un provvedimento di carattere generale avrebbe il pregio, non solo di uniformare le opportunità, ma anche di godere di un’ampia risonanza a mio giudizio anche in grado di condizionare l’atteggiamento dei privati non sempre disponibili a valutare una riduzione dei canoni nonostante sia evidente come il mercato abbia ormai decurtato di un buon 30% il valore dell’affitto rispetto agli anni pre-crisi”.
Bertin, peraltro, parla con cognizione di causa.
Lui, infatti, ebbe l’idea, ancora nel 2010, di attivare l’ufficio legale dell’Ascom affinchè situazioni di palese squilibrio potessero trovare un accomodamento che si è trasformato, per un certo numero di contratti, in riduzioni effettuate con tutti i crismi anche sotto il profilo fiscale.
“Sinceramente – continua Bertin – non sono stati tantissimi, ma tra i contratti che sono stati rivisti, una buona parte ha contribuito ad evitare chiusure che sarebbero risultate drammatiche per il commerciante ed i suoi collaboratori e comunque critiche per i proprietari che non avrebbero incassato l’affitto visto che il momento non consentiva quel ricambio che poteva essere nelle loro aspettative ma che non si poteva concretizzare a causa della crisi”.
Dunque, serve un intervento legislativo.
“Mi risulta – aggiunge il presidente dell’Ascom – che la deputata aponense Vanessa Camani abbia presentato una risoluzione alla X Commissione tesa a impegnare il governo affinchè, con l’aiuto di enti locali e associazioni di categoria, si possa realizzare un tavolo di consultazione in grado di elaborare proposte”.
Quella di Bertin c’è ed, anzi, il presidente ne aggiunge un’altra.
“Bisogna introdurre il concetto di “affitto d’entrata” dove il rischio viene un po’ condiviso da tutti: locatario, locatore, comune, ecc. In altre parole: una presa di coscienza comune in funzione di un “ritorno al negozio” che è un po’ il nostro “ritorno al futuro”!”
Intanto si guarda alle tasse e dunque resta da capire se, tra le previste detassazioni, il Governo abbia voglia di inserire anche un provvedimento che non ha l’appeal dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa, ma avrebbe il potere di ridare vivibilità ai nostri centri urbani, desolatamente sempre più privi di vetrine illuminate.
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