Offerte di lavoro over50, il mercato visto da Randstad

 

altInfanzia, periodo scolare, vita lavorativa e creazione di una famiglia, età adulta e vecchiaia. In Italia lo schema tradizionale delle stagioni della vita e del lavoro ormai è cambiato: cresce l’aspettativa di vita, si entra più tardi nel mercato del lavoro, si sposta in avanti la pensione e le singole fasi si sono traslate di una decina di anni. In questo contesto, la popolazione compresa tra i 50 e i 74 anni d’età ha raggiunto i 17 milioni di individui, con la previsione di toccare i 23 milioni nel 2034. E i lavoratori over 50 – sempre più dinamici sia dal punto di vista della salute che da quello professionale – hanno visto aumentare il tasso di attività del 5% dal 2004 al 2012, mantenendo l’occupazione nonostante la crisi. Una forza lavoro di oltre 7 milioni, quasi un terzo del totale italiano.
Di fronte a una trasformazione così radicale del mercato del lavoro, diventa cruciale l’active ageing, la capacità dei lavoratori di mantenere una stretta aderenza alle esigenze professionali anche in età matura. Una necessità per i singoli individui come per il Sistema Paese, a cui servono una nuova attenzione culturale e collocazione legislativa per le figure più anziane, introducendo nuovi strumenti di accompagnamento e reinserimento per percorsi lavorativi discontinui in età adulta e valorizzando il ruolo dell’Outplacement.

E’ quanto emerge dalla ricerca di Randstad Italia, “Over 50, come cambiano le età della vita lavorativa e il mercato del lavoro in Italia”, presentata oggi a Padova in occasione dell’evento organizzato da Randstad presso Villa Italia, in cui Marco Ceresa, Amministratore Delegato di Randstad Italia, Fabio Costantini, Chief Operations Officer di Randstad Hr Solutions, Mario Vavassori, Prof. aggiunto Mip-Politecnico di Milano e consulente Randstad, e Elena Parpaiola, Regional Director Randstad Italia, hanno fatto il punto sulla situazione dei lavoratori Over 50 in Italia insieme a Tiziano Treu, Ordinario di Diritto del Lavoro all’Università Cattolica di Milano.
“Il confine tra vita attiva e riposo si sta spostando in avanti di circa 10 anni per effetto delle riforme dei sistemi di welfare e per il miglioramento delle condizioni di salute che prolungano il periodo della vita attiva – spiega Marco Ceresa, Amministratore delegato di Randstad Italia – Le soglie usate finora per delimitare le stagioni della vita e ancor di più quelle del lavoro non valgono più. L’invecchiamento della popolazione aziendale e il conseguente rischio di obsolescenza professionale è una delle principali sfide delle imprese, che per rimanere competitive dovranno affrontare queste trasformazioni e adottare soluzioni innovative. I lavoratori in età adulta sono risorse preziose, da valorizzare perché portano una dote di esperienze e competenze maturate negli anni sui processi e con le persone. È necessario adottare policies adeguate per favorire l’invecchiamento attivo”.
I rischi non mancano. Per i lavoratori over 50, le difficoltà iniziano quando l’impresa investe poco sulla riqualificazione e formazione continua, rischiando di isolarlo e depotenziarne la capacità produttiva. Ma riguardano anche il reinserimento nel mercato del lavoro, poiché i tagli al personale delle aziende in crisi oggi investono spesso le figure con la maggiore anzianità lavorativa. Buone tecniche di downsizing da sole non bastano a fornire al lavoratore nuove chance di ricollocamento, servono azioni mirate che aiutino i percorsi di reinserimento.

“In Italia è necessaria una nuova interpretazione culturale e collocazione legislativa del lavoro delle figure anziane – afferma Fabio Costantini, Chief Operations Officer Randstad Hr Solutions – Per questi obiettivi sono necessarie politiche sociali, ma anche strumenti di accompagnamento al reinserimento in caso di percorsi accidentati o discontinui, che possono oggi essere forniti efficacemente anche dal sistema privato in collaborazione con il mondo delle imprese. L’Outplacement potrebbe in futuro diventare una moderna forma di assicurazione del lavoro offerta dal sistema d’impresa. Randstad ha progettato soluzioni che assistono le imprese nei loro processi di razionalizzazione della forza lavoro, non perdendo di vista il valore delle persone e dei cambiamenti strutturali del mercato del lavoro”.
Le nuove stagioni della vita lavorativa
In Italia si vive e si lavora più a lungo: dagli anni ’70 al 2010 l’aspettativa di vita media è cresciuta di quasi 10 anni per gli uomini e di 5,6 anni per le donne. Al censimento del 2011 la popolazione in età tra i 50 e i 74 anni era di 16,9 milioni di persone, pari al 28,3% del totale della popolazione e nel 2031 si prevede che supererà il 35%. Cinquant’anni prima, nel 1951, rappresentava appena il 18,5% e nel 2031 arriverà al 35,4%.
La ricerca Randstad mostra come questi fenomeni abbiano contribuito allo slittamento in avanti di una decina d’anni delle stagioni di vita lavorativa: adolescenti e giovani restano tali più a lungo e, il raggiungimento dell’età anziana, sia per condizioni psico-fische che per effetto delle riforme pensionistiche, si sposta avanti nel tempo: si diventa e ci si sente “vecchi” una decina d’anni dopo di quanto avveniva mezzo secolo fa. A estendersi, in particolare è la stagione tra i 60 e i 74 anni quando i lavoratori entrano nella fase di anzianità professionale più avanzata. Questo, periodo può durare, a seconda dell’anzianità contributiva, anche fino a 14 anni.
La forza lavoro in Italia: over 50 più numerosi e più attivi
La popolazione lavorativa italiana è invecchiata di 2,5 anni tra il 2004 e il 2012: oggi l’eta media dei lavoratori è di 42,6 anni (42,3 per le donne e 42,8 anni per gli uomini). La causa è da riscontrare nell’aumento della quota degli over 50 – che conta 7,2 milioni di unità – sull’intera forza lavoro in Italia 25,6 milioni. Questa percentuale è passata dal 22,8% del 2004 al 29,4% del 2012. Un incremento avvenuto a scapito della fascia dei lavoratori dai 30 ai 49 anni (passati dal 56,3% al 55,5% del totale), ma soprattutto nei confronti della componente giovanile fino a 29 anni di età, che perde quasi 5 punti percentuali (dal 20,9% al 15,1%).
La crescita della percentuale di over 50 tra i lavoratori italiani è stata determinata sia dalla crescita demografica che dall’innalzamento del livello di partecipazione al mercato del lavoro: la prima ha dato un contributo di 686mila persone, il secondo di 1 milione e 149mila unità. Aumenta anche il loro grado di partecipazione alla vita lavorativa: il tasso di attività degli over 50 – ovvero il dato che esprime la propensione a essere presenti attivamente sul mercato del lavoro – è aumentato più del 5%, passando dal 24,5% al 29,2%. Giovani e meno giovani hanno un atteggiamento diverso nei confronti del mercato del lavoro: i primi tendono a ritrarsi nei periodi di crisi, i secondi intensificano il grado della propria presenza sia a causa dello spostamento in avanti dell’età pensionabile sia perché spinti da esigenze di bilancio familiare. La forza lavoro over 50 migliora anche dal punto di vista qualitativo: dal 2004 al 2012 il livello medio di istruzione è passato da 10,2 a 11,2 anni scolastici.
Occupazione e disoccupazione: over 50 oltre la crisi
Dall’inizio della crisi nel 2009, si registra un calo del tasso di attività della popolazione totale in età lavorativa per il cosiddetto fenomeno dell’abbandono. Il tasso di attività degli over 50, in controtendenza, continua ad aumentare (+183mila appartenenti alle forze di lavoro). Contestualmente la domanda di lavoro da parte delle imprese si arresta a 149mila unità. Da ciò deriva l’aumento di 35mila disoccupati, +17,1% leggermente più della media (+15%).
Anche i disoccupati over 50 aumentano di 123mila unità, per effetto dell’eccesso di offerta. Nonostante ciò, questi rappresentano l’unica componente della popolazione attiva il cui numero di occupati è in aumento: tra il 2004 e il 2012 gli occupati over 50 sono cresciuti di oltre 1,6 milioni e i disoccupati di 203mila unità, con un innalzamento del tasso di disoccupazione dal 4,7 al 5,8% (quasi la metà rispetto al valore medio dell’11,9% nel 2012). Per spiegare l’incremento degli occupati over 50 in periodo di crisi bisogna tener conto degli aumenti dovuti ai passaggi anagrafici da una classe di età all’altra, ovvero il saldo tra ingressi dalle classi di età inferiori e uscite per pensionamento, oltre che l’effettivo aumento di posti di lavoro. Tra il 2004 e il 2008 aumenta più del doppio l’occupazione delle donne (+48,9%) rispetto a quella degli uomini (+22,7%). La quota delle donne occupate sul totale degli over 50 passa dal 35% al 40%.
L’aumento di oltre 1,6 milioni di occupati over 50 occorso tra il 2004 e il 2012 si è concentrato in larghissima parte sui lavoratori dipendenti (il 70% sul totale), aumentati di quasi 1,5 milioni, con una variazione del +46,7%. Gli indipendenti (il 30 %) sono invece aumentati di circa 140mila unità, pari appena al +7,2%. Questi ultimi si sono dimostrati più dinamici nell’ultimo quadriennio, probabilmente per l’avvio di un’attività autonoma da parte di chi ha perso il posto di lavoro in questi anni.

Anche se gli aumenti più significativi si registrano nelle regioni settentrionali, in particolare del Nord-Est (+41%), la maggiore quota sul totale degli occupati over 50 si evidenzia ancora nel Mezzogiorno, dove l’aumento è stato di poco superiore al 20%.
Le professioni più richieste
Dal 2008 al 2012 le assunzioni di personale con almeno 50 anni di età sono diminuite (-40,5%) ma meno rispetto a quanto è accaduto per le assunzioni totali (-42%). Per questo motivo, la quota delle assunzioni di over 50 è del 2,6% sul totale, ma in crescita proporzionale rispetto all’andamento generale. Circa tre quarti delle assunzioni di over 50 si concentrano nella fascia da 50 a 54 anni.
Le professioni maggiormente richieste tra gli over 50 si concentrano ai due estremi tra le cosiddette low skill (62%) e quelle che richiedono competenze dirigenziali intellettuali e tecniche o high skill (20%). Al primo posto ci sono le professioni operaie specializzate (26,2%), le professioni non qualificate (21%) e quelle operaie qualificate (15%). Seguono le professioni esecutive del commercio e dei servizi e tecniche (11-12%), impiegatizie a carattere esecutivo (7,3%), intellettuali (6,3%). La propensione ad assumere personale over 50 è maggiore nell’Industria (4%) rispetto al settore dei Servizi (2%). Le assunzioni previste per il 2012 si concentrano per il 52% nelle regioni del Nord, per il 14,3% nelle Regioni dell’Italia centrale e per il restante terzo in quelle del Mezzogiorno.

Quattro i gruppi di professioni che assorbono quasi la metà (42%) delle circa 11mila assunzioni di over 50 previste nel 2012: personale non qualificato nei servizi di pulizia (2.100 unità pari al 18%), artigiani e operai delle costruzioni (1.650 circa, pari al 14,2%), conduttori di veicoli (quasi 1.200, per una quota del 10,2%), addetti alle attività della ristorazione (oltre 800 per una quota del 6,9%). Tra le professioni di alto livello, la prima (con 405 per una quota del 3,5%) è quella dei tecnici dei rapporti coi mercati.

Le nuove frontiere dell’Outplacement

Nel contesto descritto dalla ricerca, le Direzioni Risorse Umane delle imprese devono promuovere politiche di Lifelong Employability per assicurare interventi appropriati ai nuovi contesti organizzativi. A questo scopo Randstad ha progettato e sperimentato soluzioni che favoriscono e sostengono le aziende nei processi di razionalizzazione della forza lavoro, con particolare attenzione ai cambiamenti delle fasi della vita lavorativa.

L’impresa ha bisogno di individui che mantengano un’elevata produttività nel corso degli anni, in grado di maturare competenze, facendole fruttare nel lungo periodo e per tutto l’arco di tempo in cui rimarranno attivi. Con la necessaria gradazione a seconda delle varie fasi della vita professionale. Ad esempio, nella fase di maggiore esperienza (tra i 50 e fino ai 65/70) si possono ipotizzare forme graduali o parziali di ritiro dal lavoro, con un’azione programmata di “travaso” delle proprie conoscenze (di mercato, di prodotto, di organizzazione) ai più giovani.

Appare fondamentale però anche il ruolo dell’Outplacement, l’attività di reinserimento lavorativo di chi sta perdendo un posto di lavoro o è in stato di disoccupazione. Un servizio che si sviluppa negli anni ’60 negli Stati Uniti, arrivato in Italia soltanto alla fine degli anni ’80 sotto l’impulso di Gabriella Lusvarghi, che oggi guida la divisione di Randstad Italia dedicata a questa attività. Oggi l’Outplacement rappresenta uno strumento per tutti i lavoratori, non soltanto per gli executive. Randstad ha affinato via via tecniche e metodi, arrivando oggi a offrire un pacchetto di servizi consolidati che comprende un’ampia gamma di consulenze, oltre al tradizionale percorso di autovalutazione – riqualificazione – formazione del candidato. Randstad ha superato l’approccio tradizionale, proponendo un’ offerta di servizi di Outplacement 2.0, che permettono di gestire online la comunicazione personale e sviluppare autonomamente il proprio network sulla Rete, insieme a un’ampia offerta di consulenze personalizzate di tipo previdenziale o giuslavoristica.

A proposito di Randstad
RANDSTAD Holding nv è la multinazionale olandese attiva dal 1960 nella ricerca, selezione, formazione di Risorse Umane e somministrazione di lavoro. Presente in 39 Paesi con 4.600 filiali e 28.000 dipendenti per un fatturato complessivo che ha raggiunto nel 2013 16,6 miliardi di euro – è la seconda agenzia di servizi HR al mondo. Presente dal 1999 in Italia, RANDSTAD conta ad oggi oltre 1000 dipendenti e circa 200 filiali a livello nazionale. RANDSTAD è la prima Agenzia per il Lavoro ad avere ottenuto in Italia le certificazioni SA8000 (Social Accountability 8000) e GEES (Gender Equality European Standard) in materia di “pari opportunità”.
 Per maggiori informazioni: www.randstad.it

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