Oltre agli sberleffi a Massimo Bitonci e le sue ordinanze anti degrado: l’analisi di Paolo Gubitta

 

Riceviamo e pubblichiamo questa analisi su pregi e limiti della parodia “No al degrado, sì al decoro” sulle ordinanze di ‪#‎Bitonci‬. La pagina facebook in questione (clicca qui per visitarla) ha ricevuto oltre 3000 like in 24 ore. Un dato notevole trattandosi di una community strettamente patavina.

Post un po’ lungo, può indurre sonnolenza, handle with care, scrive con la consueta ironia Paolo Gubitta
Tutti belli e divertenti i video “No al degrado, sì al decoro”. Per me i migliore è quello sul “gelato in cono”, ben interpretato e che mi riguarda da vicino perché per me camminare mangiando un cono di gelato è sempre stata un’impresa mal riuscita.
Ciò detto: o la parodia avrà vita breve, o sarà parte di un progetto più ampio per il futuro della città, oppure sarà lo specchio di una progettualità scadente (e non mi riferisco a quella dell’Amministrazione in carica, ovviamente).
Se prendiamo singolarmente ogni ordinanza del nostro Sindaco, non è semplice sostenere una critica seria e difendibile al di fuori di una ristretta cerchia di fedelissimi.

Quali argomentazioni usare per attaccare l’ordinanza contro l’accattonaggio? Basta il flashmob “Siamo tutti mendicanti”?
Quali leve usare per convincere i padovani che “è accettabile” una città invasa da bicchieri di plastica e bottiglie in ogni dove?
O ancora: chi nel proprio intimo se la sente di criticare il blitz nel palazzo fronte stazione per ripristinare una minimo di buon senso nella locazione degli appartamenti?; e chi se le sente di dire che ha un senso lo stato in cui versa la palazzina in via Tommaseo dove sono ospitati alcune decine di persone immigrate?
Forse si possono portare altri micro-esempi, ma il significato non cambia: ogni singola ordinanza risponde a uno specifico bisogno e risolve un problema oggettivo.
Si potrebbe dire che sono ordinanze che “parlano alla pancia” dei cittadini. Ma cosa importa? Piaccia o no, hanno il pregio di farsi capire da chiunque e immediatamente (con effetti immediati in termini di consenso).
Ogni (eventuale) critica dovrebbe essere inserita in un progetto, che nasca a partire dalla “idea di città che vogliamo realizzare”.
Nelle ultime settimane, la miglior critica all’operato della nostra Amministrazione è stata quella sulla nuova viabilità antistante alla stazione dei treni. Da quel che ho letto, non si è criticata la decisione in sé, ma l’idea di città che c’è alla base di quella scelta. Penso sia questa la strada da battere.

È più faticosa, perché richiede di avere una “idea di città che vogliamo realizzare”, che consideri sia le spinte emotive, sia le compatibilità sociali ed economiche delle varie scelte.
Ci sono studi che dicono che le città che sapranno offrire modelli sostenibili di sviluppo e di convivenza sociale diventeranno le mete preferite dei nuovi cittadini, accomunati da un’idea moderna di benessere che al livello di reddito individuale aggiunge considerazioni sulle azioni per salute e sostenibilità, sulla qualità delle iniziative per cultura e ricerca, sull’equità delle decisioni in tema di cittadinanze e diritti.
Saranno queste le città destinate ad assumere ruoli di primo piano nello scenario italiano e internazionale, mentre rimarranno progressivamente in posizione marginale quelle che continueranno a seguire schemi dell’altro secolo.
Altri studi dicono che le imprese collocate nei dintorni delle aree urbane come quelle appena definite, negli ultimi anni sono divenute più produttive di circa il 7% rispetto alla media nazionale: stipendi più alti, lavori migliori e più sfidanti, opportunità più sicure.
Altri lavori (in particolare quello del vitatissimo Enrico Moretti, La nuova geografia del lavoro), ci dicono che le traiettorie di lungo periodo impresse alla città da chi le amministra incidono in modo determinante sulla capacità di attirare e trattenere “buoni cittadini”.
Usiamo queste leve per definire una “idea di città che vogliamo realizzare”.
Ben prima delle elezioni, con alcuni amici (tra cui Jacopo Silva e Enrico Florentino) ci eravamo proposti di creare le condizioni per farlo in modo condiviso, partecipato, equilibrato in termini anagrafici. Proviamo a provarci.
Chi di noi vorrebbe vivere in una città degradata? Pochi, penso. Chi di noi vorrebbe vivere in una città decorosa perchè costruita sui divieti? Pochi, penso.
Ci servono progetti per creare una città piena di opportunità, variopinta, connessa, aperta.
Ci servono regole per liberare le energie e il (tanto o poco) talento di tutti. Regole così intelligenti da offuscare i divieti (che, inutile nasconderlo, servono!).
Sono alla nostra portata, basta trovare il tempo e il luogo per costruire. E ovviamente, partiremo dalla proiezione del video per l’ordinanza contro il cono di gelato a passeggio!