Il destino ha messo sulla strada di Alberto Paulon, giovane cuoco di 25 anni trasferitosi dall’altra parte del globo, a Melbourne, un banale incidente. Una portiera di un’auto parcheggiata sul ciglio di Sidney road lo ha fatto cadere a terra. Un camion non è riuscito a frenare in tempo. E quello che poteva essere mille altre volte un piccolo incidente, è diventato la causa della fine davvero imprevedibile, improvvisa e precocissima, e per questo ancora più dolorosa di quel ragazzone dallo sguardo e dal sorriso buono e semplice che aveva imparato a farsi voler bene da tutti nella grande famiglia di Comunione e liberazione a Padova. Alberto Paulon aveva dovuto crescere senza il papà, morto anche lui giovane, in seguito al tragico rogo dell’epifania del 1998, quando Alberto aveva appena otto anni. A crescerlo con tutto l’amore possibile era toccato a mamma Donatella, sorella di Graziano, leader del gruppo che si ritrova attorno alle idee di fede tracciate anni fa da don Luigi Giussani. E stasera nella chiesa di Forcellini non ci stavano nemmeno tutti gli amici di Alberto, di mamma Donatella e di zio Graziano.
Alberto era tornato dall’Australia a casa per qualche settimana in occasione delle festività natalizie. E si era messo al servizio dell’Officina Giotto, la pasticceria del carcere. Dalla pagina facebook abbiamo tratto questa foto e queste righe del responsabile del laboratorio:
«Ancora non ci credo», racconta Elvin, che ha lavorato fianco a fianco con lui. «Un bravo ragazzo, giovane, sempre disponibile. Quello che gli davi da fare lo faceva con piacere, senza tante parole. Appena entrato in pasticceria, si è integrato subito con noi tutti». Un giovane e già bravissimo professionista, e soprattutto un ragazzo splendido, con uno sguardo buono, perito stamattina in un incidente stradale a Melbourne dove si era fatto apprezzare come chef. Ha lavorato solo pochi giorni con noi, ma si è fatto subito volere bene da tutti, operatori e detenuti. Stamattina in carcere abbiamo pregato tutti per te. Grazie Alberto.
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