Il tasso di disoccupazione continua a salire. A Padova ha superato il 6.4%, raggiungendo il livello più alto degli ultimi cinque anni. Ma è il tasso di disoccupazione giovanile, relativo ai ragazzi fra i 15 e i 24 anni, a preoccupare ancora di più: ha drammaticamente oltrepassato il 20%, attestandosi a quota 20.7%. Lo attesta Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, che ha elaborato i dati relativi alla provincia di Padova partendo dal rapporto “Noi Italia”, da poco diffuso dall’Istat.
Se, a livello generale, la situazione del territorio è sicuramente migliore rispetto a quella del resto del Paese (nel 2012, ultimo anno considerato nel rapporto, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 10.7% a livello nazionale, mentre quello giovanile il 35.3%), resta sicuramente preoccupante la serie storica, che testimonia quanto la situazione si sia aggravata anche a livello locale. Dal 3.5% del 2008 al 6.4% del 2012 l’escalation è stata quasi continua, mentre a livello giovanile il valore è quasi raddoppiato, passando dal 10.4% del 2008 al 20.7% attuale. Non solo: sempre considerando Padova e provincia balza agli occhi l’enorme differenza del dato relativo ai generi, con un tasso assoluto di disoccupazione nel 2012 all’8.7% per le donne contro il 4.7% degli uomini, e del 27.9% contro il 17.4% considerando donne e uomini sotto i 24 anni.
«Sono proprio questi ultimi numeri a preoccupare di più» sottolinea Davide D’Onofrio, direttore di Confapi Padova. «In sostanza, i lavoratori anziani hanno in genere mantenuto il posto di lavoro, in molti casi posticipando il pensionamento, mentre i giovani sono stati penalizzati – soprattutto i ragazzi con bassi livelli di istruzione – sia in termini di mancata occupazione, sia in termini di licenziamenti per quelli con contratti di lavoro precari. Di fatto, risulta evidente come ancora una volta siano le fasce più deboli del mercato del lavoro a rimetterci, e cioè i giovani e le donne, anche in una realtà come quella della provincia di Padova, che tutto sommato tiene se confrontata con altre».
Ma come si può uscire da questa situazione? «Bisogna ridurre le tasse e rilanciare i consumi delle famiglie, altrimenti per la gran parte delle piccole imprese, che sono l’anima del nostro tessuto produttivo, non potrà esserci futuro» aggiunge Tito Alleva, presidente dell’Associazione. «Da anni ripetiamo le stesse cose con la speranza che ogni nuovo governo recepisca sul serio il messaggio e da anni sbattiamo contro un muro. Ma da qui non si scappa: l’obiettivo deve essere far ripartire i consumi, altrimenti rischiamo di non uscire da questa fase recessiva. Dobbiamo assolutamente invertire la rotta, alleggerendo il carico fiscale su cittadini e imprese, condizione necessaria per far crescere la domanda interna e far sì che il mercato del lavoro si rimetta finalmente in moto. Solo così potrà essere rilanciata l’occupazione».
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