Con una intervista a Claudio Malfitano Piero Ruzzante annuncia sulle pagine del Mattino di Padova di oggi dimissioni “immediate e irrevocabili” dalla direzione del Pd. Anticipiamo qui di seguito l’inizio della lunga intervista pubblicata dal giornale in edicola oggi.
«Sono qui per assumermi tutta la responsabilità della sconfitta. Mi dimetto dalla direzione cittadina del Pd. Porterò a termine il mio mandato in Regione per rispetto di chi mi ha votato. Ma ricomincerò da semplice militante del mio circolo, quello dell’Armistizio». Piero Ruzzante arriva in redazione con il passo e il volto di chi sa di dover fare un gesto doloroso. Ma con la serenità degli affetti familiari, in compagnia della moglie ed in procinto di far visita al nipotino. «Ma la prima cosa da dire è che la ripartenza del centrosinistra è già iniziata». Neppure il tempo di leccarsi le ferite? «Lo si vede dalle scelte del sindaco Bitonci, con una giunta pesantemente influenzata dai partiti, per nulla civica. Ha smentito l’impegno elettorale. E chissà se davvero si dimezzerà lo stipendio, come promesso. Anche il fatto di portare un funzionario di partito come capo di gabinetto è un brutto gesto. E spero non aspetti 60 giorni a dimettersi dal Senato». Che opposizione farà il Pd? «È un compito non facile: dobbiamo trovare il giusto ruolo. Dobbiamo essere responsabili. Ad esempio votando sì alla fusione Aps-BusItalia. Altri dovranno spiegare perché non l’hanno fatto qualche mese fa. L’importante è avere sempre come punto di riferimento il bene della città». Cinque anni di lavoro sul territorio? «Fare opposizione è rigenerante. Nel ’99 ci fu una sconfitta inattesa. E nel 2000 Zanonato divenne consigliere regionale a suon di voti. Un anno dopo io vinsi il seggio alla Camera nel collegio di Padova città. Si può e si deve tornare a vincere: bisogna crederci». Torniamo al tema principale: lei è stato il coordinatore della campagna di Ivo Rossi. Ha sbagliato tutto? «Ho lavorato anima e corpo. Ma se si vuole trovare un capro espiatorio, un parafulmine, sono pronto ad assumermi le mie responsabilità». Quali errori allora? «Non abbiamo ascoltato abbastanza. In città c’era netta la necessità di una discontinuità: i segnali erano chiari. Ma per me, in politica come nella vita, mantenere la parola data conta più della sconfitta. Avevamo preso un impegno nei confronti di Ivo Rossi. La mia generazione non è quella che twitta #enricostaisereno». C’era da gestire l’eredità della giunta Zanonato. «È stata una contingenza ma quell’anno e mezzo in cui Rossi è stato sindaco senza il voto dei padovani è stato disastroso».