I dati parlano chiaro: in Italia i cittadini sono molto bravi a raccogliere i rifiuti separatamente, ma non ci sono abbastanza strutture per il riciclo dei materiali suddivisi per tipologia di rifiuto. La plastica è uno dei materiali più pericolosi per l’ambiente e le famose isole di plastica negli oceani, grandi a volte come degli interi stati, ne sono una drammatica testimonianza. Per questo motivo, gli enti ambientalisti ingaggiano da anni una lotta contro la dispersione senza controllo dei materiali plastici e incoraggiano le politiche di riciclo. Ma l’Italia, dicevamo, ha non poche difficoltà e spesso la plastica coscienziosamente raccolta dai cittadini finisce ugualmente negli inceneritori o nelle discariche (parliamo del 59% del totale), senza che alla materia prima venga data nuova vita.
In alcuni casi, l’impossibilità di riciclare dipende da alcuni errori nel conferire i materiali ai servizi che si occupano dello stoccaggio. La plastica fa parte di gran parte degli oggetti della nostra quotidianità, ma non tutto ciò che è di plastica può essere differenziato.
Raccolta differenziata della plastica: istruzioni d’uso
Come si fa a distinguere tra un oggetto che va nel secchio della raccolta plastica ed uno che va smaltito in modo diverso?
Per prima cosa, si possono guardare i simboli che indicano di che tipologia di plastica si tratta. I simboli sono composti da una sigla all’interno di un triangolo. Le sigle che si trovano più frequentemente sono:
– PE (Polietilene)
– PP (Polipropilene)
– PVC (Cloruro di Polivinile)
– PET (polietilene reftalato)
– PS (polistirene, cioè il comune polistirolo)
Le plastiche riciclabili sono quelle con sigla PE, PET e PVC. Si possono inoltre riciclare i contenitori per liquidi e bibite; i flaconi di bagnoschiuma e detersivi; le confezioni alimentari (compresi i sacchetti per patatine o merendine) e le vaschette per asportare i cibi; il polistirolo espanso come quello che si usa per imballare gli elettrodomestici; la pellicola trasparente e i sacchetti di nylon,; i blister trasparenti per l’imballaggio (ad esempio la confezione delle lampadine o degli spazzolini); piatti e bicchieri di plastica.
Non si possono riciclare le plastiche sporche di vernici, oppure con residui di olio, i giocattoli, i casalinghi (bacinelle, sottovasi…), le grucce, gli elettrodomestici, le posate di plastica; gli arredi in plastica; gli articoli da cancelleria in plastica. (Qui un utile vademecum).
Produttori responsabili
Anche le aziende stanno incrementando le azioni positive per incrementare l’utilizzo delle materie plastiche ecosostenibili, sia adottando plastica riciclabile al 100%, sia andando verso materiali plastici già riciclati, attivando in questo modo un’economia circolare della plastica. Per economia circolare della plastica si intende un modello in cui la materia prima viene ricavata dal riciclo degli oggetti giunti alla fine del loro ciclo, in modo da risparmiare risorse ed energia e inquinare di meno.
Sono molti i settori produttivi in cui si sta adottando questo tipo di approccio, visto che gli impieghi della plastica riciclata sono davvero moltissimi. Corepla (Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli Imballaggi in Plastica) informa che con la plastica riciclata si ottengono indumenti, componenti di un motorino; aspirapolveri, secchi per lavare a terra, trapunte, vasi, shopper e moltissimi altri oggetti del quotidiano.
Dal mondo della moda arrivano molti segnali di responsabilizzazione dei produttori. Sullo scenario internazionale, gli esempi sono molteplici: dai capi in stoffa riciclata della francese Okaidi all’iniziativa di Hm per chiudere il cerchio della moda raccogliendo gli abiti usati presso i propri punti vendita e avviandoli al riciclo. In Italia, l’azienda Quagga è un esempio virtuoso di questo trend. L’azienda crea infatti giacconi, capispalla e maglie con tessuti ricavati dalla plastica che sono frutto di ricerca e innovazione tutte made in Italy.
Nella logistica, in cui la plastica si è affermata da tempo come il materiale dalle performance più elevate (pensiamo ai pallet in plastica, che hanno ormai sostituito quelli in legno), l’innovazione è arrivata dal Conip (Consorzio Nazionale Imballaggi Plastica), che ha annunciato la nascita di una cassetta ortofrutticola in plastica riciclata e 100% riciclabile. Grazie alla produzione di questo tipo di cassette, solo nel 2017 sono state risparmiate 148.000 tonnellate di anidride carbonica emessa, 2,2 milioni di gigajoule di energia (fabbisogno annuale medio di 500 italiani) e 599 milioni di litri d’acqua.
Anche la cantieristica sta evolvendo nel senso di una maggiore attenzione all’utilizzo di plastiche riciclabili o già riciclate. Le attrezzature da cantiere in plastica stanno sostituendo laddove possibile il metallo. Ne sono un caso esemplare le recinzioni mobili da cantiere, un tempo solo in metallo leggero, oggi quasi del tutto sostituite da prodotti in plastica riciclabile, come il poliproilene o il pvc utilizzato da alcuni produttori di transenne.
Anche in Italia, inoltre, sono stati inaugurati cantieri che hanno utilizzato per la prima volta attrezzature provenienti dal riciclo. In Emilia Romagna, nel 2018 è partito un progetto pilota per la posa in opera di tubature per la rete elettrica e fognaria prodotte con materiali certificati Psv (Plastica Seconda Vita).
L’Europa contro lo spreco di plastica
Nel 2018 il Parlamento europeo ha approvato la messa al bando entro il 2021 degli articoli monouso in plastica. Si tratta di tutti quegli oggetti che non si possono riutilizzare e che normalmente acquistiamo e usiamo nelle nostre case: dai cotton fioc ai bicchieri di plastica, fino alle cannucce.
L’Italia si sta mettendo velocemente in regola con quanto richiesto dall’Europa e già dal 1°gennaio 2019 sono stati messi fuori mercato i bastoncini d’ovatta, che sarebbero secondo Legambiente il terzo rifiuto più diffuso sui litorali della nostra penisola.