Lo scontro letto in questi giorni sul Gazzettino di Padova tra Giuseppe Cappochin e Andrea Colasio è avvilente. Dà l’idea di quanto possa essere dura fare cultura quando ci si scontra contro gratuite cattiverie e private ottusità spacciate in pubblico per pubblica preoccupazione. Lo sa Giuseppe Cappochin, presidente dell’ordine degli architetti e fondatore del premio intitolato alla figlia Barbara, che nelle cinque edizioni ha proiettato Padova in una dimensione internazionale. “Cinque edizioni della Biennale Internazionale di Architettura Barbara Cappochin hanno portato Padova a diventare, in pochi anni, un appuntamento fisso di eccellenza del dibattito nazionale e internazionale sulla Cultura della qualità dell’architettura”. Scrive senza finta modestia l’architetto Cappochin in una lettera indirizzata al Gazzettino.
“Unico neo – continua in un passaggio della lunga lettera Giuseppe Cappochin – circoscritto comunque all’edizione appena conclusa, di un rapporto di grande sinergia culturale, è stato l’incomprensibile comportamento dell’assessore alla cultura che, sin dal giorno successivo all’inaugurazione, in palese violazione del protocollo d’intesa sottoscritto tra il Comune di Padova e la Fondazione Barbara Cappochin in data 21 settembre 2011, in attuazione dell’argomento di Giunta n° 125 del 20 settembre (presente anche il suddetto Assessore) ha imposto all’interno del Salone, il doppio percorso e la doppia biglietteria, con evidenti danni, non sono di natura economica, ma soprattutto di immagine, alla Mostra.
Oltre a detto danno, l’Assessore, dopo circa un mese, durante il quale il consigliere comunale Autizzi aveva polemizzato contro l’allestimento sulla stampa locale, dichiarava di dubitare che l’intera struttura lignea della scenografia fosse non ignifuga e faceva richiedere alla Fondazione da parte del Responsabile della Sicurezza, ulteriore documentazione comprovante l’avvenuta ignifugazione.
Oltre alla documentazione a suo tempo esibita per ottenere l’autorizzazione, venivano quindi prodotte anche le bolle di consegna di oltre una tonnellata di materiale utilizzato per l’ignifugazione e le fatture relative alla stesa in opera di tale materiale.
E’ offensivo solo dubitare che Ordine degli Architetti e Fondazione possano aver omesso di far ignifugare il materiale utilizzato per l’allestimento; e quindi è inaccettabile che si sia disconosciuta l’autenticità delle copiose puntuali certificazioni prodotte e arrivare al punto di far segare alcuni elementi dell’allestimento, dall’Istituto Giordano (ente abilitato) per effettuare presso i propri laboratori di Bellaria una prova di reazione al fuoco dei materiali stessi.
L’Assessore alla Cultura dopo tanto accanimento aveva il dovere di informarsi in merito agli esiti delle prove di reazione al fuoco, che, naturalmente, hanno confermato l’ovvietà! e cioè che tutto il materiale era stato regolarmente ignifugato.
Questa triste vicenda non è comunque riuscita a scalfire minimamente il riconosciuto prestigio a livello nazionale e internazionale della Biennale ne ad umiliare il lavoro, senza secondi fini, se non quelli culturali, espressi in tutti questi anni, nel nome di Barbara, dell’architettura e della città di Padova da parte di sostenitori della Biennale e di tutti coloro, sindaco Flavio Zanonato per primo, che credono in questo progetto”.