Ignoranza se non malafede. E’ il carburante delle fiaccole che si sono viste mesi fa ad Abano Terme, a Volpago del Montello la settimana scorsa (quelli del Montello sarà il vostro inferno per capirci) e che certamente, complice la campagna elettorale, si accenderanno anche a Padova nelle prossime settimane. Obiettivo agitare il più possibile lo spauracchio dell’invasione, che dati alla mano non c’è, con corollario di bufale su stupri, meningite e malattie infettive varie. Ci sono due letture, una a livello locale, e una a livello nazionale, che se avessero l’apertura mentale e d’animo sufficiente, i teorici del “rimandiamo tutti a casa loro” dovrebero leggere. Una è un bell’articolo pubblicato ieri, 5 gennaio, dal Gazzettino di Padova a firma di Luisa Morbiato. Partendo dai numeri l’articolo spiega come meno della metà dei comuni del padovano fanno il loro dovere civico, cioè aderire ad una qualche forma di accoglienza. E così nascono centri come quello di Conetta, un non luogo immerso nella nebbia e nell’indifferenza dove i profughi naufragano per mesi e dove, come ha scritto Ivan Grozny in un bell’articolo su Left “c’è voluta la morte di una donna perchè ci si accorgesse dei vivi”. Scrive in una analisi che parte dai numeri della “cosiddetta invasione”, un focus de L’Inkiesta: “Il Veneto, teatro della rivolta del centro di prima accoglienza, è una delle regioni messe peggio nella distribuzione territoriale.
Se nel campo di Cona, che ha meno di 3mila abitanti, sono ospitati oltre 1.000 profughi, nella provincia veneziana 28 comuni non ospitano neanche un migrante. Nel resto della regione non va meglio. Nella provincia di Verona, più della metà dei comuni ha chiuso le porte. Nella caserma di Bagnoli di Sopra, comune di 3.600 abitanti in provincia di Padova, vivono 800 profughi. Poco più in là, Padova, con i suoi 206mila abitanti, ne ospita poco più di 460. Secondo i dati del ministero dell’Interno, nella regione sono ospitati 14.194 immigrati (l’8%), ma ben 250 sindaci non ne accolgono neanche uno. E anche sul fronte dell’accoglienza programmata tramite il sistema Sprar, il Veneto, con soli 524 posti, è una delle regioni meno accoglienti. L’ immigrazione è ormai un tema politico e i sindaci non si prendono la responsabilità di essere loro stessi a portare gli immigrati sui territori. Così l’alternativa è l’accoglienza straordinaria a suon di bandi dei prefetti”.
Il resto sono chiacchiere e odio: due componenti essenziali delle campagne elettorali populiste. Lo schema, come scriveva un bravo giornalista del gruppo Finegil, Daniele Ferrazza, è chiaro e collaudato: 1) creare sentimenti di paura contro gli stranieri;
2) amplificare fatti di violenza causati da extracomunitari;
3) boicottare l’accoglienza diffusa;
4) disertare le riunioni e i vertici in Prefettura;
5) costringere a requisire ex caserme e siti militari;
6) promuovere fiaccolate contro gli hub da migliaia di profughi;
7) protestare contro la concentrazione nelle caserme;
8) condannare le rivolte e le proteste che accadano dentro agli hub;
9) usare frasi del tipo “Ne abbiamo già troppi”, “Non siamo razzisti”, “La politica sull’accoglienza è sbagliata”, “Prima i veneti”;
L’esito del punto 10 è la situazione attuale.
Alberto Gottardo