È difficile da parte dell’ opinione pubblica affrontare l’emergenza dei profughi e dei richiedenti asilo in maniera oggettiva. Per poterlo fare e’ necessario distinguere due piani. Da una parte infatti vi è il fenomeno dell’approdo sulle coste italiane di migliaia di disperati, sfruttati da organizzazioni criminali prive di scrupoli e che stanno provocando un vero e proprio disastro umanitario. Dall’altra il tema dell’accoglienza diffusa sul territorio nazionale che impegna i i comuni, le prefetture, le regioni e soggetti privati come le cooperative e le organizzazioni di volontariato. In Libia, paese da cui partono i barconi è in corso una difficile trattativa tra le diverse fazioni per dare un governo stabile al paese e sara’ presto attiva la missione europea contro gli scafisti, recentemente approvata dal Parlamento italiano.
Ora il dramma dei profughi sta investendo dopo l’Italia anche altre nazioni europee che sotto i colpi di centinaia di morti si sono rese conto della gravità del fenomeno migratorio. Ora che finalmente l’Europa ha riaperto gli occhi è’ urgente che il problema non sia più solo di paesi come l’Italia e la Grecia ma come ha chiesto con forza il Presidente del Consiglio Renzi vengano assunte dall’Europa importanti decisioni. In particolare vanno rese omogenee è più rapide in tutta Europa le modalità del riconoscimento del diritto di asilo e vanno realizzate congiuntamente le difficili ma necessarie operazioni di rimpatrio nei paesi di provenienza di quanti non hanno diritto di asilo.
I due piani, quello internazionale e quello locale sono chiaramente interconnessi: solo così, con una vigorosa collaborazione internazionale si potranno fermare i mercanti di esseri umani con un conseguente alleggerimento della presenza nei diversi territori italiani di migranti in transito verso altri Paesi Europei.
Nel frattempo le città ed i comuni del Veneto sono chiamate all’accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo. Un’accoglienza che genera polemiche, paure, prese di posizione. La parola chiave, in questo caso è dialogo. E lo hanno dimostrato gli oltre 70 sindaci che hanno partecipato agli incontri promossi dalla Provincia di Padova per poter affrontare il problema attraverso l’accoglienza diffusa e proporzionalmente distribuita tra tutti i Comuni padovani, collaborando attivamente con la Prefettura. Bene hanno fatto la Provincia e i 73 sindaci a richiedere un confronto con il Governo e la Regione Veneto per arrivare ad una soluzione condivisa tra tutti i Comuni del territorio .
Altri Comuni trascinati dal sindaco di Padova continuano a voler chiudere le porte, a rifiutarsi di affrontare un’emergenza nazionale ed internazionale , sottraendosi in questo ai propri doveri istituzionali e costituzionali. Il Sindaco di Padova vuole tenere lontani gli stranieri, i migranti, i profughi e i richiedenti asilo, con un atteggiamento di chiusura e di non collaborazione che non ha precedenti nella storia secolare della nostra comunità. Applicando questa sua teoria, Padova non avrebbe mai ospitato un grande santo straniero come S.Antonio, non avrebbe nemmeno mai dato ospitalità nel 1222 ad un gruppo di studenti stranieri europei, (suddivisi in Transalpini e Cisalpini) che ha fondato l’Università, trasferendosi da Bologna, che all’epoca era luogo straniero ed ostile. Secondo il messaggio di chiusura, non avrebbero senso le esperienze di solidarietà, condivisione ed apertura alla mondialità che da sempre caratterizzano e hanno caratterizzato l’impegno sociale di tantissimi giovani padovani, delle parrocchie, della diocesi stessa. Dialogare, collaborare, farsi carico dei problemi ed aprire un confronto: è questo il compito di una classe politica lungimirante, davvero in sintonia con la tradizione la storia del nostro territorio.
Alcuni politici, che evidentemente non conoscono la storia culturale del proprio territorio e rivendicano astrattamente le radici cristiane dell’Europa e del Veneto, hanno probabilmente dimenticato una pietra miliare della dottrina della Chiesa come la Populorum Progressio o la voce tonante di Giovanni Paolo II che nel lontano 1979 affermava “Aprite i confini degli stati. Non abbiate paura”.
Gia’ la paura, sentimento che si insinua nelle popolazioni di fronte a fenomeni nuovi e non conosciuti. E’ questa la radice su cui fanno leva quanti continuano negli atteggiamenti di chiusura. Ma ora è’ arrivato il momento di superarla, di non rassegnarsi: il coraggio del dialogo manifestato dai sindaci è un segno di speranza, la preziosa opera di coordinamento della prefettura è un segno di responsabilità. Azioni che, fortunatamente, ci indicano come sia ancora possibile per i padovani essere protagonisti di impegno civico e solidarietà.
Giorgio Santini, senatore PD
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