“Fare cassa”. L’imperativo imposto dai conti pubblici, sottoscritto dal Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti e messo in pratica del direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, rischia di mettere in difficoltà i contribuenti, soprattutto quelli ligi al pagamento delle tasse, che potrebbero doversi confrontare con situazioni a dir poco di difficile interpretazione.
Quella più eclatante (e anche più diffusa visto che investirà anche i privati consumatori) è quella che con l’inizio del 2011 ha previsto l’introduzione di un nuovo adempimento: il monitoraggio di tutte le transazioni economiche superiori a 3.000 euro.
“In pratica – precisa Federico Barbierato, direttore generale dell’Ascom – è una sorta di ritorno parziale dell’elenco clienti/fornitori, ma attenzione: qui il fisco ha creduto opportuno innovare complicando la vita soprattutto al comparto del commercio che, confrontandosi col consumatore finale, è costretto ad “invadere” campi molto privati”.
Un esempio per capire. Ad un cliente che acquista per un importo comprensivo di iva di 3.600 euro, il commerciante dovrà chiedere il codice fiscale e trascriverlo sullo scontrino. Copia dello stesso dovrà essere consegnata a chi gli tiene la contabilità che, a sua volta, provvederà a trasmetterne gli estremi all’amministrazione finanziaria.
Se da un lato è vero che c’è tempo fino ad aprile per organizzare il giro delle carte o per chiamare il tecnico del registratore di cassa per avere la possibilità di inserire il codice fiscale direttamente quando viene battuto lo scontrino, dall’altro c’è il rischio concreto che il cliente, visto che la segnalazione avrà valore ai fini del redditometro che peserà la capacità di spesa di ogni singolo contribuente, rinunci all’acquisto.
“La cosa – continua Barbierato – potrebbe avere il sapore della più classica delle beffe: i più corretti, infatti, di fronte ad un cliente che non intende essere segnalato, dovranno rinunciare alla vendita, mentre potrebbe avere vita facile chi magari è disposto a “sorvolare” su questo adempimento”.
Non solo. E se per caso un cliente dovesse “inventarsi” un codice fiscale (non serve essere un mago del computer per realizzare la successione alfanumerica di 16 caratteri) o, meglio ancora, ne indicasse uno che non è il suo?
“Io spero – avverte Barbierato – che lo Stato non pretenda che ogni singolo commerciante si trasformi in un organo di polizia al fine di identificare il cliente o, se questo non dispone del tesserino ufficiale del codice fiscale, debba rinunciare alla vendita”.
Insomma un 2011 all’insegna di nuova, devastante, burocrazia. E anche di obblighi sempre più a carico del contribuente e mai dell’amministrazione.
E’ questo il caso dei crediti erariali che non potranno più compensare i debiti di imposta se il contribuente ha cartelle scadute per un importo superiore a 1.500 euro.
“Io posso pensare che la norma abbia un fondamento di correttezza – conclude il direttore dell’Ascom – ma la complicanza deriva dal fatto che posso anche non sapere di avere una cartella scaduta, oppure posso essermene dimenticato. Io penso che in un Paese “normale” dovrebbe ricadere in capo all’amministrazione l’onere di informare per iscritto i contribuenti con ruoli scaduti della novità normativa. Siccome non siamo un Paese “normale” finirà che qualcuno, in totale buona fede, subirà sanzioni decisamente pesanti (50% dell’importo compensato) per il solo fatto di aver “indebitamente” detratto qualcosa di cui non era a conoscenza”.