Ascoltando Matteo Renzi, tornato ad essere convincente come un tempo, vedendo le oltre duemila persone, tantissimi giovani, mi è venuto in mente Giulio Andreotti. Non perchè Matteo Renzi ci assomigli: Renzi modula la voce e a tratti ha una vis comica durante i comizi. Andreotti, almeno quello che ho avuto la ventura di incontrare e intervistare io molte volte, al massimo sussurrava battute taglientissime con un sorriso che era un ghigno e una voce che era stridula a tratti. Mi è venuto l’Andreotti che in una battuta aveva raccontato una intera generazion e politica, logorata dal potere che non aveva, perchè perduto o perchè mai avuto.
Ed in questa ottica vanno inquadrate probabilmente anche le polemiche che hanno lacerato a mezzo stampa la politica padovana. Flavio Zanonato, ex sindaco che ha il merito saputo conquistarsi il consenso della maggioranza dei padovani negli ultimi vent’anni, se ne è praticamente andato dal Pd, o almeno ha fatto sapere di avere l’intenzione di fare le valigie con una intervista a Davide D’Attino del Corriere del Veneto in cui parla di Renzi e della sua riforma con toni non dissimili da quelli usati da Massimo Bitonci, dai Grillini o dagli esponenti di Padova2020. In questo si ricompone una maggioranza teorica che in città ha portato, con responsabilità diverse al sacrificio di Ivo Rossi sull’altare della litigiosità interna e del rancore esterno a un sistema, quello di Zanonato, che per forza di cose, non ha retto dopo che l’ex sindaco è sceso dallo scranno di ministro per prendere il primo treno per l’europarlamento.
Ieri sera Flavio Zanonato non c’era. E nemmeno c’era Piero Ruzzante, consigliere regionale che probabilmente con un pezzo di CGIL sta aspettando la prima occasione utile per andare a ricreare quella che Pierluigi Bersani chiama “la ditta” altrove.
Al loro posto c’erano un paio di migliaia di giovani under 40, freschi, entusiasti. Millennials che a differenza di costoro in uscita dal Pd, non conoscono “Bandiera rossa” ma magari invece parlano bene l’inglese e un’altra lingua, l’Europa del muro di Berlino l’hanno vista solo sui libri di storia. Insomma sono l’Italia di questo millennio e non ragionano con categorie e nostalgie del ‘900. A quest’Italia ha parlato ieri Renzi ed a tutti quelli che, come chi scrive, è nato nel ‘900 ma guarda al futuro anzichè al passato. Pur non ignorando la necessità di avere radici, occorre tagliare i rami secchi per permettere alla pianta della politica di crescere. Ed è quello che sta succedendo nel Partito democratico, che altrimenti rischia di fare la fine della CGIL, sindacato che conta più pensionati tra gli iscritti e i militanti, che lavoratori attivi. se il Pd vuole essere una parte viva di questa società, deve andare nella direzione di un rinnovamento anche generazionale, come sta avvenendo, ma con una avvertenza: occorre avere memoria storica, e anche rispetto di quanto avvenuto a Padova negli ultimi vent’anni. Va riconosciuta a Flavio Zanonato ed alla sua squadra l’onore delle armi: una esperienza amministtrativa che ha saputo portare a termine le grandi opere immaginate dalla precedente generazione, senza cadere negli scandali che hanno travolto la stagione della democrazia cristiana. Tutto sommato una stagione di buon governo, magari non brillante, ma certamente capace sul piano realizzativo, che ha esaurito la propria spinta appunto perchè mancante di una capacità di proiettare Padova in questo nuovo agitato secolo globale e senza muri. Relegarli nella categoria del passato sarebbe sbagliato, se questo avvenisse in assenza del riconoscimento dei i meriti, che ci sono. Quindi occorrerà che nuovi e vecchi protagonisti della scena politica trovino tempi e modi per un passaggio di consegne. Una staffetta esplicita che potrebbe finalmente sanare le ferite delle recenti sconfitte e proiettare un Pd, finalmente unito non solo di facciata, e sereno, verso una prospettiva di governo non solo a Padova ma anche in Veneto.
Alberto Gottardo
Il sì, il no e quell’odio teologico verso Renzi spiegato da Paolo Giaretta