Ogni anno in occasione della presentazione del rapporto del Sole 24 ore sulla qualità della vita delle città, i commenti di chi governa (come d’altra parte è capitato anche a me in passato), tendono a minimizzare i fenomeni se il trend è negativo e ad esaltare le qualità dell’amministrazione in carica laddove invece diano esiti con il segno più. Ovviamente a Padova è capitato, in particolare nell’ultimo anno e mezzo, che le colpe vengano attribuite ai predecessori indipendentemente dal merito. Ma si sa, la politicapoliticante è fatta così.
Per questa ragione mi soffermo solo su due dati: la significativa perdita di 6 posizioni sulla graduatoria generale di tutti gli indicatori e il ben più significativo arretramento sulla sicurezza urbana.
Il primo, mettendo assieme diversi parametri, compresi quelli sulle iniziative culturali, registra linee di tendenza che una città come la nostra, in passato forte di ambizioni regionali e nazionali su molti campi, non può che leggere con preoccupazione, in particolare quello relativo alla scarsa propensione all’imprenditoria da parte dei giovani, proprio in una provincia che aveva visto crescere un tasso d’imprenditorialità davvero notevole. Senza voler drammatizzare, andrebbe accertato se si tratta di piccoli indicatori di un inizio di declino appena accennato, oppure se si tratta di fenomeni recuperabili. E che dunque avrebbero bisogno di azioni decise, in particolare per quanto riguarda il tasso di scolarizzazione dei nostri ragazzi e l’inversione di tendenza rispetto ad una gestione della cultura che al massimo è riuscita a produrre una singolare forma di provincialismo applicato quale la manifestazione del “Ti con no, nu con Ti”.
Ma il dato più preoccupante su cui riflettere è quello della sicurezza, un tema su cui negli ultimi cinque anni sono state scritte pagine e pagine versando fiumi d’inchiostro, e su cui l’amministrazione cittadina in carica ha investito tutte le proprie energie elettoral-propagandistiche. A giudicare dai risultati c’è da essere molto preoccupati perché questi non corrispondono in alcun modo alla quantità di parole spese, e tanto meno alla quantità di strali lanciati contro nemici immaginari. Insomma, tutte quelle parole che dovevano servire a rassicurare sulle intenzioni dei candidati sceriffi non sembrano essere state ripagate dai fatti, anche se raccontavano di fantomatici cento giorni. Anzi, i fatti parlano un’altra lingua e cioè che è in atto un peggioramento della nostra sicurezza. E per chi si era eretto a suo unico paladino, non c’è peggior giudice dei numeri.
Viene da pensare che, mentre sulla sicurezza l’amministrazione precedente cercava di realizzare il massimo di sinergie con tutti gli organi di polizia dello stato, evitando di drammatizzare i fenomeni per cercare invece di arginarli con il duro lavoro quotidiano e coordinato, c’è qualcuno che, prima dai banchi dell’opposizione e poi addirittura dal governo della città, continua solo a commentare i fatti, a denunciarli come se riguardassero qualcun altro, a scaricare sempre le colpe ad altri, a immaginarsi piccoli comandanti di pattugliette in divisa in concorrenza con le altre forze dell’ordine. Noi pensiamo invece che la lotta alla criminalità non vada mai sottovalutata ma nemmeno vada usata come arma di propaganda e di paura aumentata, perché probabilmente ha bisogno di meno parole urlate e più collaborazione tra istituzioni. La narrazione di una città che affonda nell’insicurezza, alla fine produce una realtà corrispondente al racconto.
Ivo Rossi
Padova 21 dicembre 2015