Lo start sarebbe fissato per giovedì 5 gennaio, vigilia dell’Epifania.
“Non “sarebbe”, “è” fissato a giovedì 5 gennaio – precisa Patrizio Bartin, presidente dell’Ascom – anche se ormai, da qualche anno, la corsa all’anticipo è diventata un po’ come il “segreto di Pulcinella”: tra messaggi sms, fidelity card, gruppi whatsapp e pubblicità “ambigua”, soprattutto da parte della grande distribuzione, nessuno dice di farli, ma da tutti è possibile comprare in saldo già in questi giorni che anticipano la data”.
Eppure le norme sono chiare e le sanzioni, per i trasgressori, severe al punto da raggiungere, in taluni casi, i 3mila euro!.
“Per dirla con Dante – fa un riferimento letterario Franco Pasqualetti, presidente di Federmoda Ascom Padova Confcommercio – “più che il dolore (per il rischio di essere sanzionati), potè il digiuno (da incassi in grado di far quadrare i conti dell’anno)”.
Per chiarire: chiunque può vendere nel proprio negozio capi di abbigliamento al prezzo che ritiene congruo. L’importante è il rispetto della norma sui saldi che vieta non tanto lo sconto quanto la comunicazione del medesimo.
“Per i commercianti – continua Pasqualetti – i saldi sono sempre una sorta di recupero momentaneo di liquidità, utili a sgravare anche il magazzino, ma per diversi esercenti temo non saranno sufficienti a risolvere le difficoltà aziendali”.
Ad onor del vero va detto che quest’anno sia il Natale che il periodo precedente, contrassegnato da un freddo pungente che nel dicembre 2015 si era fatto desiderare, ha convinto i consumatori ad acquistare qualche capo spalla in più, capo spalla che dunque non sarà più nella disponibilità dei “saldisti” che, comunque, ne avranno di che sbizzarrirsi.
“La crisi dei saldi – ammette il presidente Bertin – non è altro che la trasposizione della crisi generale sugli scaffali e sugli stand dei negozi. Le imprese sono in difficoltà e dunque si cerca di portare a casa quella fetta di torta che si assottiglia sempre più e alla quale concorrono sempre in numero maggiore”.
Ovviamente chi ha più potenziale lo sfrutta ed ecco allora che sono proprio i negozi di vicinato meno propensi all’innovazione che rischiano di finire nel tritacarne della comunicazione preventiva.
Sia come sia, i saldi restano comunque una sorta di “megaspot” a costo zero.
“Di saldi parlano tutti – conclude Pasqualetti – e la data di partenza non ha bisogno di investimenti pubblicitari da parte dei singoli. Per questo rimaniamo convinti che abolirli, come da più parti viene richiesto, non sia un grande affare”.
Dunque, meglio un saldo, magari “azzoppato” che una deregulation totale che, con ogni probabilità, non aumenterebbe la propensione alla spesa dei clienti e dunque non avrebbe effetti benefici sui bilanci aziendali.
“Ferme restando un paio di cose – conclude Bertin – ovvero che i saldi dovrebbero cominciare comunque più avanti e che noi siamo sempre per le regole. Purchè non diventino “grida manzoniane” e finiscano per essere by-passate dai grandi e subite solo dai piccoli”.
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