Da Settimo Gottardo, già sindaco di Padova all’inizio degli anni ’80 e ascoltato consigliere da parte di più mondi della politica padovana riceviamo e pubblichiamo l’analisi che segue sul toto candidato sindaco per le elezioni comunali 2017:
Non basta chiamare un candidato “civico”, perché questo lo sia automaticamente.
Costruire una gabbietta partitica attorno al nome di Sergio Giordani non è utile, innanzitutto, alla storia ed alla credibilità di questo imprenditore.
La proposta di Giordani, uscita dalla casa della brava sottosegretaria all’Ambiente del Governo Renzi e del governo Gentiloni, assieme al segretario provinciale e comunale del Pd Bettin e Bressa, al coordinatore dei tosiani Rocco Bordin più qualche altra simpatica e nota foglia di fico, viene ad essere ancor più la proposta dello schieramento del sì che ha perso il mese scorso il referendum costituzionale renziano.
E’ questo il civismo della città che si vuole interpretare come rottura rispetto al passato?
E’ stata posta una scadenza tutta interna al Pd, quella del 31 gennaio, come termine ultimo per sfuggire al nodo delle primarie. Appare questo un espediente per rovesciare sulla società padovana scadenze proprie di un partito. Vincolando il dibattito e la libertà di scelta della società padovana alle esigenze interne del partito anzichè mettere i partiti al servizio ed al confronto con la società.
Si rischia con una proposta così combinata, una operazione solo di facciata, simile a quella vecchia storiella dell’abate medievale che volendo mangiare a tutti i costi una succulenta porchetta , il venerdì di quaresima, prima la battezzava pesce.
E’ così che si tratta un civil servant? E’ così, come fa il fronte del vecchio sì referendario, appena bocciato, che si cuce anche a sinistra? E’ così che si lancia un candidato che dovrebbe essere libero dalle ideologie ed apartitico e aperto realmente a tutti i moderati padovani? Padovani schifati da giochetti politichesi e già scettici rispetto ad una classe dirigente precocemente invecchiata?
E tutto questo, per giunta senza una idea di squadra e di programma?
Si rischia, in realtà, nella migliore delle ipotesi, di scivolare nella peggiore imitazione del brugnarismo.
Mi permetto umilmente di suggerire, di utilizzare la pluralità di candidature in questa fase, per una forma aperta di primarie delle idee, al di là di ogni scorciatoia accordista a basso prezzo, che salta ogni dibattito. Tali primarie delle idee e dei programmi potrebbero tenersi con il supporto dei media locali, che potrebbero fungere da stimolo per una città che deve ritrovare una sua agenda delle priorità, prima che ritrovare una leadership personalistica imposta con in conciliaboli del vecchio schieramento del sì del 4 dicembre scorso. Da allora il mondo è ancora più cambiato, e Padova degli oltre 13mila ultra 75enni che vivono soli e dei 35mila padovani nati da genitori con nazionalità non italiana, … continua a sprofondare.