Quella di spalle che gioca è mia figlia. Quella riflessa nello specchio del barbiere è mia moglie. Il barbiere giovane pettinato come Neymar non lo conosco, l’altro si chiama Zhao Peqan, ha 45 anni e da venti abita all’Arcella. Da più di otto anni ha un negozio in via Tommaseo, di fronte alle cucine gestite da suor Lia. Io vado lì a tagliarmi i capelli da quando mia moglie è in Italia. “Perchè non vai dai cinesi a tagliarti i capelli?” mi chiese un giorno. “Perchè sono cinesi” le risposi io. “Sì, ma cosa vuol dire? Costa la metà il taglio” rispose lei con altrettanta naturalezza. E così ho conosciuto Zhao. E un po’ alla volta ci siamo raccontati delle nostre famiglie. Lui ha tre figli, due ragazze e un ragazzo, tutti e tre parrucchieri come lui. Parrucchiera anche la moglie. Tutti diplomati all’Anam, la scuola professionale in stazione ( a parte lui che ha fatto il “tirocinio” da un italiano in via Padova a Milano). “I miei figli ormai sono italiani. Io quasi quasi tra qualche anno chiudo bottega e mi metto a fare un po’ di commercio di merci italiane verso la Cina. Avete ottimi vestiti, formaggi e vini buonissimi. I miei compaesani diventano matti quando porto la roba italiana al mio paese” spiega Zhao. Il “paese” di Zhao ha due milioni di abitanti, che si chiamano Zhao come lui ci sono altri 90 milioni di uomini in Cina. Lui è un tizio gentile di poche parole, e solo la tenacia di uno che ha fatto il cronista tanti anni riesce a tirargli fuori dopo tanti anni un po’ della sua vita a Padova. “Una bella città, qui se uno lavora tanto e paga le tasse non ha nulla da temere. Da altre parti non è così. I miei figli hanno nomi italiani, per loro casa è qua. Però io voglio tornare in Cina, almeno un po’ di tempo all’anno. Lì ci sono i miei genitori” racconta senza mai fermarsi nel taglio dei capelli che lui interpreta con una severità nello sguardo come se stesse operando in microchirurgia vascolare. Poi guarda mia figlia e le dice “vuoi un panino?” e le dà in realtà una merendina. Giulia ringrazia, lui le spiega che si dice “shishi”. Grazie in cinese.
Ah, per la cronaca, aveva ragione mia moglie quella volta: taglio uomo e taglio donna 18 euro totali. Meno della metà in una bottega italiana. Con ricevuta fiscale. Quando andavo a farmi tagliare i capelli non sempre me la faceva il vecchio barbiere di quartiere che mi ha visto crescere. Il barbiere di mia figlia per me è il cinese di via Tommaseo, per Giulia sarà Zhao, quello che le da la merendina e le dice “shishi” invece di grazie.
Padova senza paraocchi e muri nel cervello, è una città davvero speciale.
Alberto Gottardo